lunedì 22 dicembre 2014

Bass in Japan...by Marco Gatti

Adoro viaggiare e adoro ascoltare racconti di pesca da parte di amici che decidono di affrontare acque diverse da quelle italiane.

L'amico Marco Gatti, team Blue Springs, reduce da un viaggio in Giappone, mi ha inviato questo report della sua avventura nella acque del sollevante.

Leggiamo cosa ci ha raccontato.

12 Agosto 2014. La coda del tifone Halong ha appena finito di lambire le coste del Giappone occidentale dopo il suo attraversamento delle montagne tra il Mar Cinese Orientale ed il Mar del Giappone, provocando paura e distruzione nelle isole degli arcipelaghi meridionali e nelle provincie delle isole di Kyushu e Shikoku.

Alle 5.30 del mattino piove nel parcheggio dell’hotel di Kyoto, mentre attendo con un indicibile ansia, dopo una notte praticamente insonne, l’arrivo di Yukinari Uchiyama, pro giapponese che, dopo un serrato scambio di messaggi nel mese precedente alla mia partenza, mi porterà a pescare nel tempio del Bass fishing mondiale, il leggendario Biwa-ko.



Nel parcheggio entra un grosso fuoristrada ed  il conducente si sbraccia in un caloroso saluto. E’ Uchi ! Il mio inglese tentennante non mi ha tradito nella programmazione del viaggio! Si caricano i bagagli e si parte verso una giornata che, comunque vada,  lascerà un ricordo indelebile nella mia mente.
Dopo una cinquantina di chilometri, e sotto una pioggia decisa, finalmente attraversiamo il lungo ponte di Biwako-Ohashi che attraversa il lago nella parte più stretta e ci dirigiamo verso Ayame, dove troveremo la marina che ospita, oltre alla barca di Yukinari, un centinaio (!) di bass boats che in Italia definiremmo “da paura”. 
Una volta attaccata al gancio del fuoristrada e montata l’attrezzatura, in poche centinaia di metri giungiamo ad alare all’Ayame Port. 


“Uchi mi hai portato l’impermeabile?” “Ehmm si! Ma non son sicuro ti vada bene…”, mi risponde porgendomi un impermeabile taglia M giapponese… Tra imprecazioni varie e già vedendomi a letto per i tre giorni seguenti con la febbre perlomeno riesco ad infilarmelo.
Finalmente si parte, col cuore in gola per l’emozione e con un secondo impermeabile tenuto stretto sulla pancia. Sono sul Biwa, sfrecciando su una bass boat come tutti i pro giapponesi che ho sempre ammirato nei dvd copiati e scambiati tra noi contagiati dalla malattia del bass fishing.
Il 175 cavalli urla, portando la Ranger verde in direzione di Oki Island. Una decisa virata verso destra, con la pioggia che tenta di bucarmi la pelle del viso, ci porta verso il primo spot della mattinata. Le colline dalla fitta vegetazione immersa nella nebbia del mattino di Omachiman entrano in acqua digradando in una pietraia che forma una sorta di flat profonda circa due metri lunga una ventina di metri dalla riva. Uchi mi porge una canna da crank, montata con un medium runner colore giallo e nero. La forte perturbazione in questa parte del lago ha lasciato l’acqua decisamente ricca di sospensione. Un lancio di prova per testare l’attrezzatura ed evitare di presentarmi al dio del lago con una parrucca enorme e al secondo lancio un bassettino di 30 cm bussa alla mia porta. Lo prendo in mano ed ad un tratto mi rendo conto di aver appena catturato il mio primo bass giapponese! Sarà mezzo chilo… ma in quel momento sono eccitato come se avessi preso un bass da tre chili. Un bacetto di ringraziamento sul nipponico centrarchide, l’ovvio rilascio e.. via! 

Dopo un’altra serie di lanci anche il secondo bass decide di farmi visita. Ancora qualche lancio e si cambia spot.


   


Intanto finalmente cessa di piovere, seppur resista ancora un teso venticello fresco.
Uchi mi chiede se mi piace pescare topwater. Dopo il mio ovvio ed entusiastico “Sì” ripartiamo verso la sponda opposta dove ci attende con un meraviglioso tappeto di erbe. La rana entra in ogni anfratto… ma esce sempre indenne. Ci spostiamo di qualche decina di metri, lanciando e skippando sotto piante promettenti enormi bass affamati ma.. nulla.

Uchi, cercando di rendermi la notizia il più morbido possibile, mi spiega che, essendo la popolazione di bass del Biwa-ko di ceppo F1, il brusco cambio atmosferico e la corrente causata dall’apertura di alcune chiuse che regolamentano l’altezza del lago, più alto del solito di circa due metri, ne hanno praticamente bloccato l’attività. Che.. fortuna! Sono a 12 ore di aereo da Milano, in un luogo per me leggendario, probabilmente non ci tornerò più e invece di ferrare durissimo e a due mani enormi bass da quattro chili devo ritenermi fortunato se ho già allamato due bass da mezzo chilo.
A questo punto non mi tocca che cercare di imparare più possibile da un professionista.
Ci spostiamo ancora di sponda, entrando nello Yasu River

Già a prima vista mi accorgo che in quel canale hanno girato alcuni video che mi ricordo nitidamente. Mentre Yukinari pesca ancora con la rana, praticamente pitchandola contro il canneto, io monto una canna a Texas Rig e mi metto a pescare lentamente e profondamente nella vegetazione. Una mangiata decisa ed il terzo bass salta velocemente sulla barca.
Si riparte. Ora la nostra meta saranno quegli sconfinati erbai che tanto spesso abbiamo visto nelle fotografie dei cataloghi di artificiali.
Un prato galleggiante mi pone il problema di pescare in una maniera che fino ad ora non si è mai resa necessaria. Uchi mi porge una canna da tre once montata con piombo ad ogiva da un’oncia ed un quarto ed una creatura subito sotto. Un paio di tentativi andati a vuoto per provare il lancio verso il cielo e all’altro capo del mondo mi ritrovo a pescare a punching!
Uchi ad un tratto ferra forte, facendomi inginocchiare di colpo per evitare la sua oncia di tungsteno che si dirige in direzione della mia testa. “Bite !” Mi grida ridendo per scusarsi del tentato omicidio.
Dopo un’ora e nessun pesce ci muoviamo di nuovo, verso un altro vastissimo erbaio, questa volta sommerso a 60 cm dal pelo dell’acqua. Scegliamo approcci diversi: io lo affronto a Texas con una creatura da 4’’ sottile, Uchi con un propeller IMA. Anche in questo spot trascorre un’ora ed il sole che da un po’ di tempo ci sta asciugando col suo tepore è ormai alto nel cielo.
Mi siedo e mi guardo in giro: solo ad un colpo d’occhio scorgo almeno cinque o sei bass boat che solcano questo specchio d’acqua magico. Colline, templi buddisti e prati verdissimi fanno da contrasto ai grattacieli della città di Hikone che si ergono in lontananza. 
Ci dirigiamo verso il porto, ma una piccola rientranza colma di vegetazione colpisce la mia attenzione. Faccio segno a Uchi, chiedendo con gli occhi di permettermi ancora qualche lancio. Sostituisco il propeller con un buzzbait e lancio ovunque, lambendo alberi caduti, piante e rami in acqua. Nulla. Non c’è nulla da fare.. aveva proprio ragione Yukinari! Infatti ad un tratto mi ricorda “Oggi hai preso tre pesci, devi sentirti fortunato!”. Sarà… ma impiegherò un attimo di tempo a digerirlo…
Torniamo al porto e riportiamo la barca nella marina. Una visita in un negozio di pesca fornito come mai io abbia visto nella mia vita mi riporta nel mondo delle nuvole. Siamo a Moriyama, Kyoto mi aspetta a poche decine di chilometri per farmi conoscere le meraviglie del Giappone passato. 
Davanti al meraviglioso Ryokan tradizionale scarico la mia valigia e saluto Uchi, con la gratitudine negli occhi verso chi mi ha permesso di vivere un sogno. 

Pochi pesci, ma un’ emozione che mi rimarrà dentro all’anima per sempre.

Grazie Marco, al prossimo report.


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