L'amico Marco Gatti, team Blue Springs, reduce da un viaggio in Giappone, mi ha inviato questo report della sua avventura nella acque del sollevante.
Leggiamo cosa ci ha raccontato.
12 Agosto 2014. La coda del tifone Halong ha appena
finito di lambire le coste del Giappone occidentale dopo il suo attraversamento
delle montagne tra il Mar Cinese Orientale ed il Mar del Giappone, provocando
paura e distruzione nelle isole degli arcipelaghi meridionali e nelle provincie
delle isole di Kyushu e Shikoku.
Nel parcheggio entra un grosso fuoristrada ed il
conducente si sbraccia in un caloroso saluto. E’ Uchi ! Il mio inglese
tentennante non mi ha tradito nella programmazione del viaggio! Si caricano i
bagagli e si parte verso una giornata che, comunque vada, lascerà un ricordo
indelebile nella mia mente.
Dopo una cinquantina di chilometri, e sotto una pioggia
decisa, finalmente attraversiamo il lungo ponte di Biwako-Ohashi che attraversa
il lago nella parte più stretta e ci dirigiamo verso Ayame, dove troveremo la
marina che ospita, oltre alla barca di Yukinari, un centinaio (!) di bass boats
che in Italia definiremmo “da paura”.
Una volta attaccata al gancio del fuoristrada e montata
l’attrezzatura, in poche centinaia di metri giungiamo ad alare all’Ayame
Port.
“Uchi mi hai portato l’impermeabile?” “Ehmm si! Ma non
son sicuro ti vada bene…”, mi risponde porgendomi un impermeabile taglia M
giapponese… Tra imprecazioni varie e già vedendomi a letto per i tre giorni
seguenti con la febbre perlomeno riesco ad infilarmelo.
Finalmente si parte, col cuore in gola per l’emozione e
con un secondo impermeabile tenuto stretto sulla pancia. Sono sul Biwa,
sfrecciando su una bass boat come tutti i pro giapponesi che ho sempre ammirato
nei dvd copiati e scambiati tra noi contagiati dalla malattia del bass
fishing.
Il 175 cavalli urla, portando la Ranger verde in
direzione di Oki Island. Una decisa virata verso destra, con la pioggia che
tenta di bucarmi la pelle del viso, ci porta verso il primo spot della
mattinata. Le colline dalla fitta vegetazione immersa nella nebbia del mattino
di Omachiman entrano in acqua digradando in una pietraia che forma una sorta di
flat profonda circa due metri lunga una ventina di metri dalla riva. Uchi mi
porge una canna da crank, montata con un medium runner colore giallo e nero. La
forte perturbazione in questa parte del lago ha lasciato l’acqua decisamente
ricca di sospensione. Un lancio di prova per testare l’attrezzatura ed evitare
di presentarmi al dio del lago con una parrucca enorme e al secondo lancio un
bassettino di 30 cm bussa alla mia porta. Lo prendo in mano ed ad un tratto mi
rendo conto di aver appena catturato il mio primo bass giapponese! Sarà mezzo
chilo… ma in quel momento sono eccitato come se avessi preso un bass da tre
chili. Un bacetto di ringraziamento sul nipponico centrarchide, l’ovvio rilascio
e.. via!
Dopo un’altra serie di lanci anche il secondo bass
decide di farmi visita. Ancora qualche lancio e si cambia spot.
Intanto finalmente cessa di piovere, seppur resista
ancora un teso venticello fresco.
Uchi mi chiede se mi piace pescare topwater. Dopo il mio
ovvio ed entusiastico “Sì” ripartiamo verso la sponda opposta dove ci attende
con un meraviglioso tappeto di erbe. La rana entra in ogni anfratto… ma esce
sempre indenne. Ci spostiamo di qualche decina di metri, lanciando e skippando
sotto piante promettenti enormi bass affamati ma.. nulla.
Uchi, cercando di rendermi la notizia il più morbido
possibile, mi spiega che, essendo la popolazione di bass del Biwa-ko di ceppo
F1, il brusco cambio atmosferico e la corrente causata dall’apertura di alcune
chiuse che regolamentano l’altezza del lago, più alto del solito di circa due
metri, ne hanno praticamente bloccato l’attività. Che.. fortuna! Sono a 12 ore
di aereo da Milano, in un luogo per me leggendario, probabilmente non ci tornerò
più e invece di ferrare durissimo e a due mani enormi bass da quattro chili devo
ritenermi fortunato se ho già allamato due bass da mezzo chilo.
A questo punto non mi tocca che cercare di imparare più
possibile da un professionista.
Ci spostiamo ancora di sponda, entrando nello Yasu
River
Già a prima vista mi accorgo che in quel canale hanno
girato alcuni video che mi ricordo nitidamente. Mentre Yukinari pesca ancora con
la rana, praticamente pitchandola contro il canneto, io monto una canna a Texas
Rig e mi metto a pescare lentamente e profondamente nella vegetazione. Una
mangiata decisa ed il terzo bass salta velocemente sulla barca.
Si riparte. Ora la nostra meta saranno quegli sconfinati
erbai che tanto spesso abbiamo visto nelle fotografie dei cataloghi di
artificiali.
Un prato galleggiante mi pone il problema di pescare in
una maniera che fino ad ora non si è mai resa necessaria. Uchi mi porge una
canna da tre once montata con piombo ad ogiva da un’oncia ed un quarto ed una
creatura subito sotto. Un paio di tentativi andati a vuoto per provare il lancio
verso il cielo e all’altro capo del mondo mi ritrovo a pescare a
punching!
Uchi ad un tratto ferra forte, facendomi inginocchiare
di colpo per evitare la sua oncia di tungsteno che si dirige in direzione della
mia testa. “Bite !” Mi grida ridendo per scusarsi del tentato
omicidio.
Dopo un’ora e nessun pesce ci muoviamo di nuovo, verso
un altro vastissimo erbaio, questa volta sommerso a 60 cm dal pelo dell’acqua.
Scegliamo approcci diversi: io lo affronto a Texas con una creatura da 4’’
sottile, Uchi con un propeller IMA. Anche in questo spot trascorre un’ora ed il
sole che da un po’ di tempo ci sta asciugando col suo tepore è ormai alto nel
cielo.
Mi siedo e mi guardo in giro: solo ad un colpo d’occhio
scorgo almeno cinque o sei bass boat che solcano questo specchio d’acqua magico.
Colline, templi buddisti e prati verdissimi fanno da contrasto ai grattacieli
della città di Hikone che si ergono in lontananza.
Ci dirigiamo verso il porto, ma una piccola rientranza
colma di vegetazione colpisce la mia attenzione. Faccio segno a Uchi, chiedendo
con gli occhi di permettermi ancora qualche lancio. Sostituisco il propeller con
un buzzbait e lancio ovunque, lambendo alberi caduti, piante e rami in acqua.
Nulla. Non c’è nulla da fare.. aveva proprio ragione Yukinari! Infatti ad un
tratto mi ricorda “Oggi hai preso tre pesci, devi sentirti fortunato!”. Sarà… ma
impiegherò un attimo di tempo a digerirlo…
Torniamo al porto e riportiamo la barca nella marina.
Una visita in un negozio di pesca fornito come mai io abbia visto nella mia vita
mi riporta nel mondo delle nuvole. Siamo a Moriyama, Kyoto mi aspetta a poche
decine di chilometri per farmi conoscere le meraviglie del Giappone
passato.
Davanti al meraviglioso Ryokan tradizionale scarico la
mia valigia e saluto Uchi, con la gratitudine negli occhi verso chi mi ha
permesso di vivere un sogno.
Pochi pesci, ma un’ emozione che mi rimarrà dentro
all’anima per sempre.
Grazie Marco, al prossimo report.
Grazie Marco, al prossimo report.
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